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Aura Monsalves Munoz



In occasione della giornata dedicata all’evento In Opera. Natura e Artificio, la Fondazione Bertugno-Moulinier ha invitato l’artista Aura Monsalves Munoz (Venezia, 1992) a interagire con il luogo che li ha ospitati: S.I.C.- Sculture In Campo.

Da ciò nasce Heliobia Spinellii, opera audio da ascoltare in loco, seduti su di un piccolo e personale tappeto di erba sintetica, adagiato sulle colline di Bassano in Teverina (VT).  Erba naturale e la sua sintetica copia rimangono in contatto, mentre una voce digitale racconta e guida il visitatore in un racconto in bilico tra informazione e intimi ricordi.
Lo sforzo di rimanere nel confine, lasciare aperti i margini in cui due parti sono nello stesso attimo, percorre tutta la ricerca di Aura Monsalves Munoz.

“Abbiamo incontrato Aura Monsalves Munoz la prima volta grazie a un altra giovane artista, Claudia Schioppa (che sarà prossimamente oggetto di uno dei FBM Focus).

Ci siamo subito interessati alla sua ricerca artistica, sensibile e profonda, sul sottile limite del percepito e dell’esperienza interiore, a cui Aura dà forma nel suo lavoro. Utilizzando differenti media come il suono, la fotografia, il video o la performance, l’artista ci guida in esperienze uniche, che partendo dalla sua personale visione, aprono spazi di profonda condivisione. Il linguaggio espressivo di Aura sorprende per la sua apparente semplicità, capace di muovere, attraverso azioni ed associazioni visive personali e significanti, abissi interiori, intimi, che abbracciano il mondo ed ad esso comunicano.

I suoi lavori, sottili, delicati e mai urlati, assomigliano a lei, per bellezza e forza espressiva. Un sussurro può dire di più del clamore, in un epoca dove tutto grida.
Siamo felici di averla incontrata e di sostenerla.”


Simone Bertugno e Magali Moulinier


“Nei confini si scontrano | incontrano due parti, due discorsi.
Artificiale-naturale sono l'uno nell'altro.
Si muovono come sinuosi animali o forse un unico compostaggio in cui si perdono pezzi e se ne raccolgono altri, man mano che ci si insinua negli angoli del mondo.
Sui confini si battono le peggiori battaglie.
Su di essi si sentono i rumori dell'universo.
Ai bordi conosco e scopro ogni volta un me stesso.
Camminare lungo i confini per mantenerli vibranti.
Voce sintetica | pensieri morbidi
Traduzioni continue.
Nella linea che separa e unisce nascono  insenature, vuoti, margini, angoli bui in cui crescono e muoiono racconti.”


Aura Monsalves Munoz


Un confine velato
di Davide Maria Mannocchi


I sensi umani si stanno riadattando alla sempre più performante tecnologia che progressivamente tende a permeare il nostro quotidiano. La delicata condivisione della propria sfera emotiva si incanala attraverso algoritmi che ne sanno accrescere quanto soffocare la dirompente potenzialità.
Lo sguardo dell’artista ha oggi il ruolo di decifrare l’enorme capacità di questo intreccio di codici binari che non devono essere considerati necessariamente ostili, non presuppongono l’esclusione dell’emotività.
L’interazione tra fattore umano e tecnologico è un campo ancora tendenzialmente vergine.
Come un esploratore di questa nuova frontiera, l’artista si cala nel buio dell’introspezione per comprendere e, ancor più importante, far comprendere, quali occasioni questo inedito scenario può portare a noi contemporanei.

Aura Monsalves Munoz (Venezia,1992) mette al centro del suo impegno creativo la relazione e il contatto con il mondo che la circonda. La fotografia digitale è lo strumento prediletto dall’artista.
La Monsalves Munoz però sceglie di divincolarsi da qualsiasi incasellamento e, sotto il segno della sperimentazione, osserva come il corpo dell’essere umano, delicato involucro del suo bagaglio interiore, sia esso stesso il frutto dell’ibridazione di ogni elemento contingente alla vita dell’individuo.

Tempo e spazio si districano nel linguaggio dell’artista veneziana che anche attraverso lo strumento del video processa il rimbalzo tra la stasi e il dinamismo. Il contrasto è punto di partenza per la rivelazione del rapporto affettivo che non si proietta necessariamente verso l’esterno. Nelle riflessioni della Munoz infatti, tale contrasto si rivolge all'interiorità, alla cura che deve essere dedicata al proprio io, come testimonia il progetto Senza Titolo, ambiente n.1.
Qui due sistemi mediatici si scontrano, due squarci temporali s’intrecciano e sovrappongono, l’avvicinarsi e l’indietreggiare, il tempo in movimento del video e quello fermo della fotografia.

L’essenza umana si concilia così con la tecnologia, quest’ultima presentatasi nella veste di promotrice della rivelazione del proprio globo emotivo. Un confine velato, dalle impalpabili sfumature, è quello che ci separa dall’esterno. Questo è ciò che Munoz si presta a documentare per osservare il momento in cui la singolarità del proprio mondo interiore si frammenta infrangendosi sul muro del mondo in cui viviamo il nostro tempo.

    

©Fondazione Bertugno-Moulinier, 2022



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